Antonio Preti

La Competenza narrativa: Il racconto come macchina cognitiva di costruzione del senso

Annali della Facoltˆ di Scienze della Formazione.

Universitˆ di Cagliari. Nuova Serie, 2004; XXVII: 119-147

 

Estratto

 

La competenza narrativa  la capacitˆ di comprendere, memorizzare, riorganizzare e creare strutture linguistiche complesse qualificabili come ÔstorieĠ o ÔraccontiĠ.

 

Il vocabolo ÔnarrazioneĠ deriva dal latino narratio, dipendente dal verbo narro = raccontare, e per estensione divulgare; pi genericamente usato anche nel significato di dire, parlare, ricordare, far menzione di. In modo pi specifico, per˜, il verbo narro indica, in forma semplificata, lĠazione compiuta da colui che  gnarus (da cui narus), colui che sa, che  pratico di una cosa, che ne ha cognizione, ed  pertanto dotto ed esperto: Çrendere altri edotti intorno a qualcosaÈ.

 

Chi narra, dunque, comunica contenuti intorno ai quali ha precisa cognizione: lĠatto del narrare non nasce, quindi, dalla pura e semplice organizzazione di una sequenza logico-temporale allĠinterno di una compagine di elementi parziali pi o meno interconnessi, come risulta dal nostro concetto di raccontare (= enumerare). La narrazione  il risultato di un atto del conoscere, che si traduce nella messa in pubblico delle conoscenze apprese e nellĠofferta di unĠexpertise volta ad organizzare quelle conoscenze in funzione di una loro ulteriore utilizzabilitˆ, secondo scopi e fini che sono in parte del narratore e in parte dellĠascoltatore.

 

Un racconto adempie al bisogno di organizzare un senso allĠinterno di una compagine di elementi parziali costituiti da eventi, personaggi che compartecipano di quegli eventi, e scelte che quegli eventi hanno posto in essere o da quegli eventi sono state determinate/imposte. Un racconto anche produce conoscenza intorno agli eventi narrati: definisce, cio, una particolare organizzazione delle informazioni, fissate in una struttura che ne indica unĠulteriore utilizzabilitˆ. LĠatto del narrare, infine, origina da precise cause/motivazioni interiori, e si accompagna alla messa in essere di scopi/fini, il cui conseguimento  mediato dalla narrazione, che offre quindi anche indicazioni sul substrato psicologico dal quale il contenuto narrativo ha tratto origine.

 

Una storia degna di essere collazionata e memorizzata crea un orizzonte di attesa, costituito da luoghi, vicende e personaggi, e dalle reti di relazioni sottese a questi elementi. Questo orizzonte di attesa permette di cogliere la realtˆ da un punto di vista che quella particolare storia precostituisce, e che in sua assenza non appare evidente. In questĠultima accezione, la storia produce un punto di vista sulla realtˆ che la organizza secondo scopi e intenzioni riconoscibili solo a partire da quel punto di vista, e non da altri:  la morale della favola, che emerge non tanto come commento conclusivo di una vicenda, ma proprio quale realizzazione dello scopo assumibile come possibile solo a partire dal punto di vista predefinito dalla storia stessa.

 

Una storia, al grado zero, deve contenere un numero limitato di elementi, a loro volta ulteriormente aggregabili in unitˆ di grado superiore, tutte derivate da alcune semplici funzioni narrative. In ultima analisi una storia deve dire: chi, cosa, quando, dove, come, perchŽ. Gli elementi di composizione di una storia a tale livello hanno natura principalmente contenutistica, articolabile in unitˆ elementari non suscettibili di ulteriore elaborazione.

 

AllĠinterno di una narrazione  possibile riconoscere alcuni elementi nucleari che ne costituiscono lĠossatura: trama, tema e motivo. La trama  il contenuto della storia: una successione di eventi che hanno per protagonisti dei personaggi, il cui carattere principale  costituito dal trovarsi davanti a delle scelte, in relazione alle quali essi esprimono una decisione. La scelta compiuta, risultato della decisione formulata dal personaggio, conduce a degli esiti dai quali derivano altri eventi ed altre decisioni da intraprendere, sino a quella finale, che segna la conclusione.

 

Narrazioni differenti, siano esse miti, fiabe o leggende, o ancora romanzi o sceneggiature, possono esprimere uno o pi temi comuni, e condividere anche molti motivi allĠinterno della propria specifica trama. Struttura ed intreccio, invece, tendono ad essere maggiormente specifici della singola narrazione. Ci˜  dovuto al fatto che la trama di una narrazione non riepiloga solo una successione di eventi occorsi a dei personaggi, ma anche deve esprimere un particolare significato di quegli eventi. Il senso della narrazione emerge dalla particolare tessitura operata sugli elementi parziali che la compongono, e risulta principalmente dalla struttura, cio dalla disposizione dei singoli motivi allĠinterno dellĠordine narrativo, in funzione del modo in cui essi sono stati interconnessi.

 

Il motivo, per la sua natura di azione compiuta da un personaggio in un momento critico, implica tre elementi: il personaggio che compie lĠazione, lĠazione compiuta, la scelta che  alla base dellĠazione. Questa semplice lista rende evidente come lĠintreccio di intenzioni, motivazioni e scopi/fini che articolano la volontˆ costituisca elemento basilare nel prodursi delle narrazioni. Alcuni autori, in realtˆ, ritengono che la esplicitazione delle intenzioni, e dunque la comprensione delle dinamiche ad esse sottese, sia funzione cardine delle narrazioni.

 

Non  possibile organizzare una sequenza di azioni senza situarle in una dimensione temporale, a sua volta funzione di una ripartizioni spaziale degli elementi. In effetti il prima-e-dopo delle sequenze diacroniche narrative articola una pi sottile ripartizione spaziale tra componenti che, per essere situate lungo un continuum come distinte tra di loro, devono innanzitutto essere percepite come spazialmente separate. Le narrazioni rispondono ad unĠinterna grammatica che definisce le modalitˆ attraverso le quali sono ripartire le funzioni essenziali di scansione temporale, spaziale e caratteriale. Il dove e il quando degli eventi precedono il cosa ed il come un dato personaggio abbia fatto. Secondo alcuni autori, la capacitˆ di situare correttamente nel tempo e nello spazio le azioni sarebbe a fondamento del senso di continuitˆ che caratterizza la consapevolezza di sŽ, cio la coscienza

 

In effetti, attraverso i meccanismi di spazializzazione, temporalizzazione e personazione, le narrazioni consentono di situare gli eventi in relazione con le azioni che i singoli compiono, offrendo un contesto esplicativo delle intenzioni, delle motivazioni e degli scopi/fini.

 

La produzione di narrazioni autobiografiche, in particolare, serve lo scopo di organizzare in un intreccio unitario episodi discontinui incentrati sul SŽ. Studi condotti in bambini in etˆ prescolare hanno dimostrato che la capacitˆ di produrre storie ben organizzate contribuisce allĠefficacia della personale competenza sociale. Ci˜ sembra confermare lĠosservazione secondo la quale le narrazioni costituiscono mappe cognitive che permettono il riconoscimento delle contingenze che governano il prodursi degli eventi, la loro relazione, cio, con azioni compiute da soggetti su specifici oggetti. Per estensione, la consistenza delle narrazioni autobiografiche sarˆ funzione della capacitˆ del soggetto di situare correttamente la propria competenza ad agire nel contesto degli effetti delle proprie azioni. Detto altrimenti: ÔbuoneĠ narrazioni autobiografiche sono il riflesso di una adeguata capacitˆ di rappresentare il proprio livello di responsabilitˆ nel prodursi degli eventi nei quali si  coinvolti. Narrazioni incoerenti o confuse dimostrano una difficoltˆ cognitiva di comprensione del ruolo delle proprie, ed altrui, azioni nel prodursi degli eventi: una difficoltˆ che coinvolge il riconoscimento della responsabilitˆ personale nelle scelte, la selezione degli scopi e dei fini, il ruolo delle intenzioni e delle motivazioni.

 

La ricerca pi recente ha enfatizzato due funzioni narrative che contribuirebbero a definire il nostro concetto di SŽ: il sentimento di agentivitˆ (self-agency) e quello di padronanza (self-ownership). Il sentimento di agentivitˆ riguarda la sensazione di essere la causa di un dato evento, inteso come esito di una personale azione. Il sentimento di padronanza invece riguarda la sensazione di essere coinvolti in prima persona in una data esperienza, anche involontariamente. Dal punto di vista soggettivo le due sensazioni sono solitamente inseparabili, mentre sono chiaramente distinguibili quando il punto di vista sia estraneo al soggetto: una persona pu˜ essere riconosciuta come coinvolta in un evento senza che il suo coinvolgimento discenda da una riconoscibile azione. La discrepanza  colta nel confronto tra narrazioni autobiografiche e narrazioni, formulate da terzi, aventi come protagonista, centrale o collaterale, il soggetto. LĠintegrazione delle narrazioni autobiografiche e quelle esterne al soggetto costituisce parte del processo che contribuisce alla conservazione della continuitˆ esperienziale del SŽ (SŽ narrativo). La continuitˆ esperienziale del SŽ  assicurata, in particolare, dallĠintegrazione in un continuum incentrato sulla propria persona degli episodi di rottura della continuitˆ esperienziale medesima.

 

Ogni narrazione consta di eventi ordinati secondo un ordine che corrisponde ad una successione temporale di azioni compiute da personaggi in base a scelte critiche: quelle che decidono delle alternative implicite in una vicenda. LĠordinamento in successione ha lo scopo di consentire la rappresentazione del tempo, un a priori nel quale siamo immersi sul piano dellĠesperienza, ma anche di permettere lĠespressione del cambiamento. Il cambiamento si caratterizza, infatti, come il trascorre di uno stato da un prima a un dopo, e necessariamente il suo prodursi deve essere espresso lungo la dimensione temporale.

 

Il cambiamento che si annida nellĠordinamento in successione degli eventi incarna un principio fondamentale delle narrazioni: la trasformazione. Il cambiamento, infatti, implica il rendersi evidente della trasformabilitˆ degli stati del mondo, suscettibili di inversione, negazione, rovesciamento e annichilazione. Sostanzialmente il principio della successione rende possibile la percezione della trasformazione, in quanto attualizza il cambiamento lungo la dimensione temporale del prima e del poi.

 

Una narrazione  sempre una storia raccontata da qualcuno a qualcun altro. Necessariamente lĠascoltatore  definito dalle attribuzioni formulate dal narratore. Nel racconto autobiografico, in particolare, la sua struttura segnala lĠintenzione di istituire un ascoltatore che tenga esplicitamente conto delle qualitˆ del narratore.

 

PoichŽ implica un maggior spazio temporale nel flusso conversazionale, lĠintroduzione di una narrazione autobiografica durante uno scambio comunicativo deve segnalare sia la disponibilitˆ dellĠinterlocutore ad accettare una variazione dei turni di conversazione, sia introdurre lĠattesa di una qualche meritorietˆ del racconto in relazione a quanto  comunicato

 

La riportabilitˆ di un evento  funzione del suo interesse informativo: quanto pi infrequente lĠevento, tanto maggiore lĠinformazione che lĠascoltatore pu˜ trarre dalla narrazione che lo illustra. Tanto maggiore lĠinteresse informativo dellĠevento, tanto maggiore sarˆ la riportabilitˆ della narrazione. DĠaltra parte, al crescere della riportabilitˆ della narrazione aumenta proporzionalmente il grado di sospensione della credulitˆ richiesta per lĠaccettazione da parte dellĠinterlocutore della riassegnazione dei turni di conversazione. La credibilitˆ di una narrazione, infatti,  inversamente proporzionale alla sua riportabilitˆ, un paradosso che impone, nella espressione delle narrazioni autobiografiche, il prodursi di un complesso sistema di gestione pragmatica della negoziazione conversazionale.

 

Le narrazioni autobiografiche partecipano dei processi attraverso i quali  istituito, socialmente negoziato e pubblicamente mostrato il SŽ del soggetto. Tale funzione delle narrazioni, siano o meno autobiografiche, ne illustrata il loro carattere processuale, che nel mentre produce la narrazione come esito dellĠazione del raccontare, anche instaura i caratteri, compreso quello dellĠIo narrante, come risultato dellĠordinamento logico e temporale cui la scansione degli eventi ha ricondotto la pluralitˆ magmatica dellĠaccadere. In fondo, ogni narrazione illustra una teoria intorno a chi fa cosa: raccontare una storia sempre implica lĠordinamento in sequenza di una serie di azioni, quale esito di una data interazione tra un soggetto ed un oggetto, in base ad attribuzioni di causalitˆ (cosa fa cosa) e scomposizioni delle identitˆ (chi  chi).

 

La funzione cognitiva delle narrazioni, ed il rilievo che la competenza narrativa riveste sul piano delle transazioni interpersonali, anticipano una prevedibile relazione della competenza narrativa con la psicopatologia. In effetti, un numero ampio di psicopatologie si segnalano per una gradazione variabile di difetti nella competenza narrativa.

 

Disturbi della coerenza e dellĠorganizzazione delle narrazioni sono frequentemente riportati nel caso delle psicosi. Una certa qual inconsistenza delle narrazioni  riconoscibile anche in molti disturbi dĠansia, in alcune forme di disturbo del comportamento alimentare, nel Disturbo Post-Traumatico da Stress, e nei disturbi caratterizzati da dissociazione. Non  dato di sapere, allo stato attuale delle conoscenze, se tale anomalia della competenza narrativa sia conseguenza del disturbo o ne costituisca, invece, fattore antecedente di predisposizione.

 

Un nucleo ristretto di studi ha indicato un effetto protettivo della competenza narrativa sul rischio di sviluppo di disturbi mentali a seguito di eventi stressanti, ed un effetto positivo sul recupero del benessere in diverse condizioni psicopatologiche. Alcuni studi hanno rilevato che lĠinvito a scrivere sulle personali esperienze traumatiche riduce lĠimpatto soggettivo dei sintomi fisici nel corso di malattie croniche quali asma bronchiale e artrite reumatoide. Alcuni autori hanno sostenuto che lĠorganizzazione in forma narrativa delle personali esperienze possiederebbe, per ci˜ stesso, un potere benefico sul piano della salute e del benessere.

 

Di contro a questi preliminari risultati sta la riconosciuta maggiore prevalenza di disturbi mentali in chi esprime la propria creativitˆ sul piano narrativo. Tale aumentato rischio di psicopatologia si traduce in un maggior rischio di morte per suicidio, pi elevato tra gli scrittori, secondo solo a quello dei poeti, che in altre professioni di tipo artistico o comunque creativo.

 

Per riconciliare i termini di questa contraddizione, si pu˜ avanzare lĠipotesi che le professioni creative attraggano in misura maggiore chi sia vulnerabile allo sviluppo di un disturbo mentale, oppure che la capacitˆ di esprimere la propria conflittuale interioritˆ in forma creativa eserciti un influsso protettivo sulle conseguenze pi negative della psicopatologia, effetto protettivo che in alcuni casi verrebbe meno.

 

Lo sviluppo della competenza narrativa deve essere quindi riconosciuto come un fattore di crescita fondamentale nei processi maturativi, sia in quanto assicura un adeguato controllo di funzioni cognitive complesse, sia per il suo possibile ruolo protettivo nelle situazioni nella quali la continuitˆ esistenziale del SŽ  sotto minaccia, come accade a seguito di eventi catastrofici, traumatici o logoranti (abuso e maltrattamento, discriminazione).

 

 

Letture consigliate

 

Sulle narrazioni in generale

 

Roland Barthes (curatore). LĠanalisi del racconto. Bompiani, Milano, 1969

Claude Bremond. Logica del racconto. Bompiani, Milano, 1977

Algirdas Julien Greimas. Del senso. Bompiani, Milano, 1974

Algirdas Julien Greimas. Del senso II. Bompiani, Milano, 1984

William Labov. Language in the Inner City. University of Pennsylvania Press, Philadelphia, 1972

Stith Thompson. La fiaba nella tradizione popolare. Il Saggiatore, Milano, 1967

 

Sulla neuropsicologia della competenza narrativa

 

Shaun Gallagher. Philosophical conceptions of the self: implications for cognitive science. Trends in Cognitive Sciences, 4: 14-21, 2000

Gordon G. Gallup Jr. Self-awareness and the evolution of social intelligence. Behavioral Process, 42: 239-247, 1998

David Herman. Pragmatic constraints on narrative processing: Actants and anaphora resolution in a corpus of North Carolina ghost stories. Journal of Pragmatics, 32: 959-1001, 2000

George S. Howard. Culture tales: A narrative approach to thinking, cross-cultural psychology, and psychotherapy. American Psychologist, 46: 187-197, 1991

Raymond A. Mar. The neuropsychology of narrative: story comprehension, story production and their interrelation. Neuropsychologia, 2004; 42: 1414-1434

Henrik Scharfe. Grand principles of narratology. Relazione, ancora non pubblicata, presentata al PALA, Istambul, 2003

Robert G. Wahler, Frank D. Castlebury. Personal narratives as maps of the social ecosystem. Clinical Psychology Review, 22: 297-314, 2002

 

Su Competenza narrativa e psicopatologia

 

K. R. Jamison. Toccato dal fuoco. Temperamento artistico e depressione. Longanesi, Milano, 1994

J.W. Pennebaker. Writing about emotional experiences as a therapeutic process. Psychological Sciences, 8: 162-166, 1997

J.W. Pennebaker, J.D. Seagal. Forming a story: The health benefits of narrative. Journal of Clinical Psychology, 55: 1243-1254, 1999

F. Post. Creativity and psychopathology. A study of 291 world-famous men. British Journal of Psychiatry, 165: 22-34, 1994

Antonio Preti, Paola Miotto. Suicide among eminent artists. Psychological Reports, 84: 291-301, 1999

Antonio Preti, Francesca De Biasi, Paola Miotto. Musical creativity and suicide. Psychological Reports, 89: 719-727, 2001

Joshua M. Smyth, Arthur A. Stone, Adam Hurewitz, Alan Kaell. Effects of writing about stressful experiences on symptom reduction in patients with asthma or rheumatoid arthritis. A randomized trial. Journal of the American Medical Association, 281: 1304-1309, 1999